Mohamed Salah circondato da Mario Rui e Kalidou Koulibaly. Getty

Mohamed Salah circondato da Mario Rui e Kalidou Koulibaly. Getty

Le facce di Jürgen Klopp sono sempre molto espressive. E quella mostrata nella pancia del San Paolo, in sala stampa, nell’infausta (per il tedesco) notte del 3 ottobre, era un misto di incredulità con un pizzico di ammirazione per l’avversario: «Non ricordo mi sia mai capitato con una mia squadra di non riuscire a tirare nella porta avversaria». In effetti, in oltre tre anni e 177 partite in cui ha guidato i Reds, le statistiche confermano che il Liverpool di Klopp non ha mai concluso i 90 minuti di una gara senza riuscire a mirare la porta, così come è accaduto contro il Napoli di Carlo Ancelotti.
RICOMINCIO DA ZERO — Da qui riparte la squadra azzurra per affrontare l’elettrizzante notte di Anfield, dalla capacità già dimostrata nella gara di andata di non concedere occasioni a un tridente che – oggi più che mai – ha in Momo Salah l’attaccante più pericoloso, dopo la tripletta realizzata sabato a Bournemouth. Un atteggiamento di grande attenzione che parte da un baricentro tenuto volutamente basso (intorno ai 49 metri) per evitare di offrire la profondità a gente velocissima come l’egiziano, il brasiliano Firmino e il senegalese Mané, piuttosto che lo svizzero Shaqiri. Non singole marcature, ma posizionamenti più bassi e raddoppi pronti. Per le inevitabili accelerazioni di Salah, oltre a Mario Rui c’è pronto Koulibaly, uno che non teme confronto alcuno sotto il profilo della velocità, specie se in progressione. E poi non dimentichiamo che, in caso di accentramento, l’egiziano oltre che col gigante senegalese dovrà fare i conti con Allan, il più efficace rubapalloni della Serie A e uno dei migliori in assoluto in Champions, dove è risultato l’incubo del connazionale Neymar nella doppia sfida con il Paris Saint-Germain. Per gli azzurri tenere la porta imbattuta sarebbe la prova del nove, visto che 8 (su 20) sono state sinora le gare concluse senza subire reti, due delle quali in Europa: a Belgrado e per l’appunto contro il Liverpool all’andata.
per la storia — Ma Ancelotti ha già anticipato che «il Napoli a Liverpool dovrà giocare la propria gara, senza pensare solo a difendersi», perché in effetti entrare in campo pensando solo a contenere l’avversario, tornato in vetta alla Premier, sarebbe un atteggiamento suicida. Gli azzurri sanno che, segnando, le loro possibilità di qualificazione salirebbero. E poi la miglior difesa è sempre quella di tenere il pallone più lontano possibile dalla propria area. Qui non c’è in ballo solo il passaggio del turno di Champions, domani sera si gioca per la storia nello stadio che non a caso i propri tifosi chiamano «Fortress Anfield», fortezza. Una prestazione positiva in uno dei templi inglesi del calcio equivarrebbe a una laurea ad honorem. Significherebbe una svolta verso l’alto, in una dimensione internazionale che il Napoli ha assaporato solo per poco quasi 30 anni fa, con la Coppa Uefa vinta nell’era Maradona. Vorrebbe dire che Ancelotti, in maniera compiuta, ha già trasferito al suo gruppo una mentalità internazionale. Di quelle che si stampano, per l’appunto, nella storia di un club per caratterizzarne le prossime pagine da scrivere. Che sarebbero entusiasmanti.